…. delusione …..

delusione perchè credevo di poter meritare la fiducia dei miei figli e invece mi accorgo che uno di loro mi racconta bugie per paura ……. che peccato. Pensavo di essere riuscito a trasmettergli comprensione e invece no….. non ci sono riuscito.

L’esempio che ho cercato di essere nei suoi 20 anni di vita non è stato sufficiente a fargli capire che le sue bugie mi feriscono, sono ogni volta una pugnalata che non credevo di meritare. Ma è così, e purtroppo non so cosa fare. Come lo guarderò in faccia la prossima volta sapendo di essere stato tradito dai suoi comportamenti?

Non lo so, ma sto male.

Riflessioni di un papà

Riporto questo bellissimo articolo di suor Dolores

L’AMORE NEI CONFRONTI DELLA MOGLIE

Non si può essere un buon padre in famiglia senza un buon rapporto con la propria moglie. L’esempio di un bellissimo amore tra i genitori è l’elemento più importante nell’educazione dei figli all’amore. Infatti l’obiettivo della vita dell’uomo e contemporaneamente la fonte della sua felicità è Dio-Amore. Così, dunque, un bambino privato dell’amore dei genitori, ha più difficoltà nel percorrere la strada verso la propria felicità. La fedeltà coniugale fino al termine della vita è il messaggio più importante a proposito dell’amore coniugale che si può trasmettere ai propri figli. Qualsiasi genere di riflessioni a proposito di divorzi “onesti” e “educati”, e perfino a proposito dei vantaggi che può trarre da essi il figlio (avrà due madri e due padri) sono una volgare manipolazione ed una offesa alla ragione dei giovani.

L’AMORE PIENO DI CURE

L’amore per i figli è un’attenzione per il loro bene, il loro sviluppo, la loro salvezza – fino alla santità. Mostriamo l’amore quando dedichiamo ai figli il nostro tempo. Ogni papà affermerà che la sua professione rappresenta appunto questo tempo trascorso per i figli. E’ vero, ma basta? C’è ancora il cosiddetto tempo libero. L’importante è che non sia “libero” dai figli. So che non è facile (lo conosco per esperienza personale) a gioire nel momento in cui tre bambini piccoli insieme si siedono sulle ginocchia del papà che, stanchissimo, si è appena seduto sul divano dopo essere stato tutto il tempo al lavoro. So anche che molti padri stanno a casa quasi esclusivamente mentre i loro figli dormono – di mattina presto e di sera tardi. Allora vi invito a riflettere: un lavoro così intenso è necessario per l’esistenza della famiglia, o forse è diventato un’”attrazione” in sé e per sé, ed una fuga dalle difficoltà della vita familiare? Che almeno il desiderio di trascorrere il maggior tempo possibile con i propri figli diventi il desiderio di ogni padre! Il tempo vissuto bene con i figli è un investimento che porta i frutti durante tutta la vita dei nostri ragazzi. All’inverso, quando i momenti disponibili sono pochi, può accadere che il figlio si perda o perfino venga sviato, e magari compia degli errori esistenziali irreversibili. In quei casi, la disperazione dei genitori giunge in ritardo… Che cosa fare, quando il tempo da dedicare ai propri figli è davvero troppo poco, anche per cause oggettive, spesso senza colpa? Bisogna imparare ad usufruire nel miglior modo possibile del tempo, anche minimo, che ci rimane.

UN BUON UTILIZZO DEL TEMPO

Per “non perdere tempo” – ecco un consiglio concreto per tutti i padri: già oggi, adesso, subito, cerchiamo di imparare a trascorrere momenti intensi, e con buon senso, insieme ai nostri figli. Un tale tempo trascorso insieme a lui serve affinché nostro figlio sia appagato dal contatto con noi. Se il padre conosce i bisogni del figlio, allora sa come soddisfarli, anche nel corso di alcuni minuti e perfino di alcuni secondi, ogni giorno, in modo efficace, con buon senso, e quindi riesce ad appagarlo per mezzo di questa relazione con sé. Spesso si parla della necessità di riempire costantemente il cosiddetto “serbatoio affettivo” dei nostri figli. Quando il serbatoio è pieno, i nostri figli funzionano bene nella sfera emotiva, mentre quando è vuoto nascono i problemi. Ci sono dei metodi per riempire intensamente questo serbatoio. Si tratta del contatto visivo, tattile, e di indirizzare la propria attenzione sui nostri figli.

LO SGUARDO DEL PADRE

Ognuno di noi conosce la forza dello sguardo diretto verso gli occhi. Purtroppo lo utilizziamo di solito nelle situazioni negative, per esempio dopo che nostro figlio ha commesso una qualche colpa. Ecco che conoscendo l’enorme forza dello sguardo diretto verso gli occhi, al posto di utilizzarlo come fa la polizia durante un interrogatorio, sfruttiamolo per il bene dei nostri figli. Fissiamo uno sguardo pieno di amore su nostro figlio, come per dirgli: “Ti amo così come sei, e, senza tenere in considerazione eccessiva quello che farai, ti amerò sempre, e sono orgoglioso di te”; ciò appagherà il bisogno di vostro figlio di un contatto con il proprio padre e così diventerà un aiuto alla sua maturazione. Notiamo che per fissare con lo sguardo gli occhi di una persona, bastano alcuni secondi, o forse, in situazioni eccezionali, alcune decine di secondi. Forse nessun padre, anche se fosse il più impegnato nel suo lavoro, dirà di non potere dedicare al proprio figlio questo minimo tempo al giorno! (Se mettiamo a confronto questo tempo con le oltre 4 ore che trascorre giornalmente un uomo comune davanti alla televisione, ci renderemo conto facilmente che in verità non si tratta di mancanza di tempo).

IL TOCCO

Un secondo fattore, che soddisfa molto efficacemente il bisogno di contatto, è rappresentato dal senso del tatto (il cosiddetto contatto corporeo). Una donna che aspetta un bambino, si trova in contatto fisico corporeo con il proprio bimbo per 24 ore su 24. Dopo che ha messo alla luce il figlioletto, esso/a, posto sulla pancia della madre, si calma. Percepisce il contatto della pelle e sente il battito del cuore della madre – si trova a suo agio. Un bimbo piccolo, grazie all’allattamento al seno, alle cure e ai pannolini cambiati più volte, viene spesso toccato. Il bisogno del tatto è soddisfatto quasi automaticamente (si trasforma dopo lo svezzamento e dopo che si mettono da parte i pannolini). Tuttavia spesso un bimbo piccolo è coccolato, abbracciato, posto a sedere sulle ginocchia. Purtroppo, una figlia o un figlio che sta crescendo, non riceve dal padre la porzione quotidiana di contatto, di cui ha bisogno.

NEI CONFRONTI DELLA FIGLIA

Il padre, che portava sulle spalle la figlioletta, che la faceva dondolare sulle ginocchia, che la abbracciava e la coccolava, nel periodo dello sviluppo della figlia si ritira da tutti questi gesti. In un certo senso ciò è comprensibile – ecco che la figlia sta diventando una donna e non si può trattarla come una bambina piccola (la propaganda per cui molti padri molesterebbero sessualmente le proprie figlie, ha causato la situazione per cui molti padri hanno paura del contatto con le loro figlie). Invece, questo ritirarsi, viene interpretato spesso dalla figlia come un rifiuto, una mancanza di accettazione: da bambina ero amata, accettata, mentre come donna sono rifiutata, non accettata. Un tale sentimento di rifiuto da parte del proprio padre – che fino a quel momento era l’uomo più importante della sua vita – , ha come conseguenza un frequente buttarsi nelle braccia del primo ragazzo che si conosce. In un certo qual modo, si tratta della voglia di verificare la propria avvenenza e dell’essere accettata come donna dall’uomo. Il padre di una figlia che sta crescendo deve trovare nuove forme di contatto, che soddisferebbero le sue legittime esigenze e che siano accettabili dalla figlia, dal padre e dall’ambiente circostante.

NEI CONFRONTI DEL FIGLIO

Con i figli maschi la questione è simile, anche se la specificità del contatto è differente. Il padre dovrebbe trovare nuove forme di tatto. Può dare una pacca sulla spalla a suo figlio, scompigliare i suoi capelli, oppure controllare la forza di suo figlio. Fare il gioco del “braccio di ferro” col papà può diventare il divertimento preferito e contemporaneamente un’occasione eccezionale per soddisfare le proprie esigenze – un ricaricamento del serbatoio emozionale attraverso il contatto.

SIETE I PIU’ IMPORTANTI…

Infine, l’attenzione deve essere indirizzata verso una meta. Si tratta della concentrazione dell’attenzione (anche se per poco tempo) su una unica persona al mondo, sul proprio figlio o sulla propria figlia (riguarda ogni bambino separatamente). In tale momento, i figli, uno alla volta, devono sentirsi importanti, i più importanti. Non si tratta qui del trasmettere a loro che sono “gli ombelichi del mondo”, ma che in quell’istante il papà si concentra soltanto su di loro. Il padre, non necessariamente attraverso le parole, deve dire a loro: adesso per me siete i più importanti del mondo, vi ascolto, ho tempo per voi, vi amo – questi sono i momenti più necessari per ciascuno di loro – essere i più importanti per qualcuno.